II
Una
delle cose che ad Enna piacque più di quel mondo fu che il tempo non
le mancava. A dire il vero non ricordava più molto della sua vita
prima di varcare quel cancello, ma era sicura di non aver mai avuto
troppo tempo da dedicare a se stessa. La sua vita era troppo
impegnata, troppo frenetica, era troppo per lei. Invece ad Apparenza
aveva avuto tutto il tempo per esplorare la sua nuova casa da cima a
fondo, aveva potuto concedersi un lungo bagno ristoratore a mollo
nell’acqua calda e aveva potuto cucinare il suo piatto preferito
senza doversi accontentare del cibo in scatola. C’era il tempo di
fare tutto in effetti, ma soprattutto c’era tempo per sentirsi
soli. Aveva cercato di tenersi occupata il più possibile per
ricacciare in fondo allo stomaco quella sensazione di solitudine che
la tormentava da quando, il giorno prima, Ren l’aveva salutata. Sei
nuova, è normale sentirsi così
si ripeteva.
Aveva
una settimana soltanto per riuscire a trovare un lavoro e,
considerando che un giorno dal suo arrivo era già passato, le
restavano sei giorni. L’ultima cosa che avrebbe voluto era
ritrovarsi l’ultimo giorno con il fiato sul collo e nulla di fatto
per cui aprì il suo nuovo armadio e rimase stupita dalla varietà –
e soprattutto quantità – di vestiti che vi trovò all’interno.
Fu una decisione difficile, ma alla fine optò per un semplice
pantalone leggero ed una maglia con una fantasia floreale. Stava
scegliendo la borsa da abbinare quando, al piano di sotto, qualcuno
bussò alla porta. Enna sembrava non aspettare altro perché si
fiondò giù per le scale a piedi scalzi e per qualche secondo stette
immobile davanti alla porta. Non voleva dare l’impressione di
qualcuno che avesse corso. Lentamente aprì la porta e un sorriso
fiorì sulle sue labbra non appena incrociò lo sguardo dell’uomo
che aveva bussato.
«L’invito
di ieri è ancora valido? Mi fai entrare?» domandò Ren ricambiando
il sorriso.
«Certo,
almeno oggi so dove farti accomodare. Ho avuto tempo per conoscere a
sufficienza questo posto» rispose invitandolo ad entrare e
indicandogli il salotto.
«Siediti
pure dove preferisci» disse quando lo ebbe raggiunto.
Ren
si lasciò sprofondare su una poltrona a cui, al di là di un basso
tavolino di vetro, ne corrispondeva una gemella in cui sedette Enna.
«Non
ho preso niente da bere, tu cosa preferisci? Caf…»
«Non
ti preoccupare, sono a posto così» la interruppe.
«In
realtà sono venuto qui perché ieri sono stato uno stupido. Quando
mi hai chiesto se volevo entrare, ecco, io avrei voluto farlo. Poi ho
pensato che presto me ne sarei andato da qui, potrebbe essere
questione di giorni forse. Sarebbe stato meglio per me e per chi mi
sta intorno non fare nuove amicizie perché sarebbe significato un
ostacolo in più alla mia fuga. Però… credo tu sia una persona che
vale la pena conoscere.»
I
loro occhi si erano sfiorati più volte mentre Ren parlava, ma alla
fine le guance di Enna arrossirono e per l’imbarazzo rivolse il suo
sguardo altrove. Non sapeva cosa rispondere, ma delle urla che
provenivano fuori dalla finestra la cacciarono dall’impiccio.
«NO,
FERMATEVI! NON PORTATE VIA LA MIA BAMBINA!»
si sentiva urlare.
Entrambi
si alzarono dalle loro poltrone e si avvicinarono alla finestra.
«Posso
aprirla?» chiese Ren.
«Certo.»
Quando
Enna si sporse vide una donna in lacrime urlare e dimenarsi contro
due soldati che la tenevano stretta. Tentava disperatamente e con
tutte le sue forze di sfiorare le dita di una bambina che altri
uomini stavano trascinando via.
«ALISON!
RIDATEMI LA MIA ALISON, PRENDETE ME AL SUO POSTO!»
«E
cosa ce ne facciamo di lei, signora? Dovrebbe solamente essere
orgogliosa di avere una bambina come Alison. La regina dice di non
aver mai visto delle labbra tanto morbide e rosse. Dovrebbe essere un
onore sapere che quelle labbra daranno il colore alla glassa sopra i
dolci della regina» rispose schernendola uno dei soldati mentre la
bambina veniva caricata su un carro e nascosta da una tenda.
La
donna continuò a disperarsi e si buttò per terra, abbandonandosi al
suo dolore. I soldati la lasciarono e salirono sul carro che,
rapidamente, si allontanò da quella strada.
«Povera
Alison… era una bambina tanto intelligente» sospirò Ren.
«Che
diamine è successo?» domandò Enna senza capire.
«Uno
dei problemi di questo mondo, Enna, è che è senza colore. Nel
castello esiste una specie di immenso laboratorio in cui dei
macchinari assorbono il colore dalle persone… hai sentito cosa
diceva quel soldato? Hanno preso quella bambina per avere il colore
delle sue labbra e poterlo dare alla glassa che la regina mangerà a
colazione» disse con disprezzo Ren.
«E
dopo che hanno preso il colore che serve loro cosa ne fanno di queste
persone? Non tornano a casa?»
«No,
Enna. Rimangono chiuse in quel laboratorio. Ci sono colori così
difficili da trovare altrove che non se li farebbero mai sfuggire»
replicò Ren.
«E
se avessi i tuoi bellissimi occhi blu, io starei molto attento. Non
darei mai occasione alla regina Lisbet di poterli vedere. Mai,
neanche per un solo attimo» concluse poi.
«Non
sono così speciali» rispose Enna imbarazzata.
«Sì
lo sono. Non ho mai visto niente di simile, te lo assicuro… la
prima volta che li ho visti mi hanno fulminato.»
Forse
capì di averla messo in imbarazzo nuovamente, perché si affrettò a
cambiare discorso.
«L’altra
ragione per cui ho bussato alla tua porta è che stasera tengono un
ballo. Non sarebbe una cattiva idea andarci, anche perché tu sei
nuova e hai bisogno di fare nuove amicizie, per quando io non ci sarò
più.»
«E
se io venissi con te?» domandò Enna ancora prima di pensarci.
«Certo
che vieni con me, altrimenti non sarei venuto qui, no?»
«No,
intendo… se io fuggissi con te da questo posto? Saremmo i primi.»
«Non
mi avevi preso per pazzo quando dicevo di voler fuggire? Dicevi che
questo posto non ti sembrava tanto male. Anche io lo pensavo
all’inizio. Comunque alla mia – o nostra – fuga sarà meglio
pensare un’altra volta. Intanto sarà meglio prepararsi per il
ballo di stasera.»
«Veramente…
io volevo provare a trovare un lavoro da qualche parte oggi. Mi hai
abbastanza terrorizzato parlandomi delle prigioni del castello…»
Era
un misero tentativo di farsi desiderare: andare a quel ballo con lui
era tutto ciò che desiderava.
«Ormai
il giorno sta per finire e poi ti prometto che se stasera vieni al
ballo con me, domani ti aiuterò io a cercarne uno» insistette Ren.
Enna
sorrise, facendo cedere con piacere le sue difese.
Ci
aveva messo una decina di minuti ma alla fine aveva scelto il vestito
da indossare per il ballo. Era di un colore blu acceso e mentre dalla
vita in su stringeva come un corpetto, più in basso la gonna era
gonfia. Si guardò intorno, ma non trovò neanche il più piccolo
specchio. Afferrò la spilla che aveva deciso di infilare tra i suoi
capelli castani e uscì dalla camera.
«Ren?»
chiamò a voce alta.
«Sono
in salotto» replicò.
Lo
trovò affacciato alla finestra, ma indossava vestiti diversi da
quando lo aveva lasciato lì.
«Non
mi sembrava che tu avessi una camicia bianca e pantaloni neri così
eleganti quando hai bussato alla mia porta» esordì Enna sorridendo.
«Ho
pensato di cambiarmi mentre lo facevi anche tu. Il tempo è prezioso,
è bene non perderne» disse ricambiando il sorriso mentre spostava i
suoi occhi dalla finestra e li appoggiava su Enna.
«Sei
bellissima» continuò avvicinandosi.
«Forse
lo sarei se potessi chiudere la zip di questo abito e raccogliermi i
capelli, ma non ho trovato uno specchio in tutta la casa» sbuffò
scocciata.
«E
non lo troverai… è un’altra delle cose che mancano qui.»
Ricordò
di averlo letto anche su una di quelle due pergamene. Per un attimo
si sentì smarrita. Ricordava le lunghe ora passate la mattina
davanti allo specchio a pettinare i suoi capelli e a pensare.
«Il
vestito posso chiuderlo io, se vuoi» si propose Ren.
«Sì,
certo» disse Enna portandosi davanti a lui per poi voltarsi e dargli
le spalle. Con una mano spostò i suoi lunghi capelli e li appoggiò
sulla spalla, davanti, in modo che non potessero infastidirlo.
Ren
afferrò la zip e con estrema lentezza la tirò su.
«Faccio
lentamente perché non vorrei mai che questo bellissimo vestito si
rompa… e per quanto riguarda i capelli credo di non poterti
aiutare, non sono mai stato un gran parrucchiere.»
«Al
diavolo! Non sono mai uscita di casa con i capelli in questo modo…
con o senza uno specchio ci riuscirò… l’ho fatto tante di quelle
volte!»
Chinò
appena il capo e con la mano destra afferrò i suoi capelli e con
movimenti che conosceva ormai a memoria li ordinò sul suo capo per
poi stringerli in una sfarzosa spilla blu.
«Bene,
siamo quasi pronti» disse Ren afferrando due maschere che aveva
lasciato sul davanzale della finestra. Ad Enna ne porse una quasi
dello stesso colore del suo abito e della sua spilla.
«Non
mi avevi detto fosse un ballo in maschera» disse lei afferrandola e
rigirandosela tra le mani.
«Fa
qualche differenza?»
«No…
solo che è sempre stato il mio sogno partecipare ad un ballo in
maschera» confidò sorridendo.
«Penso
lo sia stato per ogni bambina a questo mondo... e anche per qualche
bambino probabilmente. Credo che non lo dimenticherai facilmente»
replicò Ren mostrando il sorriso divertito di chi trama qualcosa.
«Ormai
siamo arrivati» disse Enna dopo che ebbe finito di ridere rivolgendo
lo sguardo a due soldati davanti al cancello del castello.
«Anche
se passare per quelle due guardie all’ingresso mi mette un po’ di
ansia… c’è bisogno di tante armi per un semplice ballo?»
continuò poi rallentando il passo.
«Non
passeremo di lì, Enna» rispose Ren fermandosi.
«Non
è l’ingresso quello? Di lì si accede al giardino sembra e si
sente anche la musica…»
«Non
ho detto che quello non è l’ingresso… semplicemente non
passeremo di là.»
«E
perché?» domandò abbassando la voce per paura che i due soldati
potessero sentirli.
«Perché
teoricamente non siamo stati invitati. In pratica ho un sacco di
amici all’interno del castello. Una volta superate le guardie il
gioco è fatto» rispose stringendosi nelle spalle.
«Intendevi
questo quando dicevi che non mi sarei dimenticata facilmente di
questa serata? Non ci penso minimamente ad infiltrarmi ad una festa a
cui non sono stata invitata! Nel castello! Potrebbero tagliarci la
testa per quanto ne so» ribatté Enna determinata.
«Enna,
questa non è una festa qualunque. È un ballo in maschera, tu stessa
hai detto che era il tuo sogno poterne far parte. Dopo tutta la
fatica che hai fatto per scegliere il vestito e arrivare fin qua…»
cercò di persuaderla Ren con il tono più docile e innocuo che
avesse mai finto.
«Non
l’avrei fatta se avessi saputo quali erano i programmi» sbuffò
lei lanciando un’occhiata alle due guardie.
«È
un'occasione che non si ripeterà, Enna. Ti prometto che non
succederà niente di male, l'ho fatto tante di quelle volte che
neanche immagini. Non ti metterei mai in pericolo» continuò Ren.
Prima le sfiorò timidamente la mano, poi, avvicinandosi, la strinse
nella sua. Enna sentì un colpo di martello nel petto. Tutto sembrò
fermarsi per un istante.
«D'accordo»
disse poi. Era bastato il tocco della sua mano per annullare la
paura.
«Ma
sappi che non mi fiderò mai più di te» aggiunse poi.
Ren
abbozzò un sorriso e avanzò verso gli alberi che nascondevano un
piccolo sentiero. Enna lo seguì e notò che quel percorso tracciato
per terra costeggiava perfettamente, a qualche metro di distanza, le
mura.
«Dimmi
che almeno non dovremo camminare molto. Non credo tu l'abbia mai
provato, ma camminare con i tacchi su questo terreno non è proprio
una passeggiata!»
«E
questa non è neanche la parte più difficile...» disse Ren
accennando un sorriso divertito.
«Cosa
intendi?» domandò Enna, ma stranamente non era agitata.
«Eccoci.
Vedi là?» chiese mentre assottigliava gli occhi per mettere a fuoco
meglio.
«Una
parte delle mura è crollata e passeremo di lì. Scavalcare sarà un
gioco da ragazzi, l'ho fatto spesso» concluse soddisfatto
avvicinandosi alle mura.
«È
un gioco da ragazzi se sei vestito con un pantalone e una camicia
bianca» replicò seguendolo.
«Comunque
hai detto che sei passato di qui già molte volte. Da quanto le mura
sono in questo stato? Mi sembra strano... in questo mondo tutto
sembra perfetto, non c'è neanche una virgola fuori posto e proprio
il castello della regina è in queste condizioni?»
«Probabilmente
non se ne è mai accorta. Dall'altra parte si trovano gli orti dove
lavorano i contadini. La regina non passa mai di qui, quello che
importa è che i frutti e le verdure giungano alla sua tavola in
perfetto stato. Più in là si trovano dei bellissimi giardini dove
invece è solita passare il suo tempo, specie in estate.»
«I
contadini però se ne saranno accorti, no? Non è un crollo che passa
inosservato» asserì Enna spostando il suo sguardo sul cumulo di
pietroni che giaceva ai piedi delle mura.
«E
per quale motivo avrebbero dovuto dirlo alla regina? Tu sei appena
arrivata e ci sono ancora tanti aspetti di questo mondo che devi
ancora scoprire. Quella breccia nel muro è una speranza per molti.
Alison, la bambina che le guardie hanno portato via poco fa, sarà
prigioniera di questo castello per l'eternità e non potrà mai più
rivedere la sua famiglia... a meno che non si affacci da questo muro
e, dall'altra parte, ci sia sua madre ad aspettarla. Non potrà mai
scappare perché la regina se ne accorgerebbe, ma almeno avrà una
speranza a cui aggrapparsi... è una speranza anche per me e te,
altrimenti come faremmo a partecipare a questo ballo?» cercò di
sdrammatizzare alla fine.
«Prima
le signore» aggiunse quando entrambi si furono fermati davanti al
cumulo di pietre.
Enna
sfilò i tacchi e li affidò a Ren in modo da poter scavalcare il
muro più facilmente. Salì in cima all'ammasso di quelle piccole
macerie e poi, facendo attenzione a non rimanere impigliata da
nessuna parte col vestito, si issò sul muretto. Non fu affatto
difficile. Anche all'interno del giardino, addossato al muro, si
trovava lo stesso mucchio di sassi e quindi scendere fu altrettanto
facile. Quando Enna toccò con i suoi piedi nudi il terreno sotto di
lei lo sentì arido come mai lo aveva sentito in tutta la sua vita.
Non credeva che l'assenza di acqua comportasse anche l'assenza di
pioggia: era sicura che su quella terra non pioveva da almeno un paio
di anni. Il suo sguardo vagò un attimo alla ricerca degli orti di
cui Ren aveva accennato poco fa e li trovò alla sua destra. Come
facevano i frutti a crescere così maturi in un terreno all'apparenza
così poco fertile? Si voltò per chiederlo a Ren, che sicuramente le
avrebbe saputo rispondere, quando si accorse che dietro di lei non
c'era. Ci voleva tanto a scavalcare quel muro? Lei ci aveva impiegato
una manciata di secondi pur essendo ostacolata dall'abito blu. Sbuffò
e si avvicinò di qualche passo alle mura, decisa a guardare cosa Ren
stesse mai combinando, quando una voce alle sue spalle la raggiunse.
«Si
è persa signorina?» chiese una donna. Era vestita in modo umile:
sicuramente non una degli invitati al ballo. Forse lavorava per la
regina?
«Io...
sì, mi sono persa. Stavo cercando i bagni» mentì Enna lanciando
un'occhiata preoccupata alle sue spalle. Perché Ren non arrivava?
«Se
vuole posso accompagnarla io» si offrì la donna invitandola a
raggiungerla.
«Grazie,
è molto gentile da parte sua, ma non ce n'è bisogno.»
«Non
si preoccupi, vivo in questo castello da moltissimi anni ed è un
piacere aiutarla. All'inizio mi sono persa tante volte anche io, sa?»
insistette la donna che aveva voglia di scambiare quattro
chiacchiere.
Enna
fu costretta a seguirla. Nonostante sorridesse continuamente alla
donna che si era gentilmente offerta di mostrarle la strada e ogni
tanto rispondesse, il suo pensiero era rivolto a Ren. Forse non aveva
scavalcato il muro per non essere visto da quella signora e adesso le
stava seguendo per raggiungerla non appena fosse stata sola... eppure
quando, di tanto in tanto, si guardava velocemente alle spalle di lui
non c'era traccia.
Quando
Enna uscì dai bagni, dopo esserci stata dentro qualche minuto senza
fare assolutamente niente, la contadina si offrì di scortarla fino
al grande giardino in cui si stava svolgendo il ballo. Enna strinse i
pugni. Era tutto ciò che avrebbe voluto evitare.
«Posso
dirle che è una delle invitate più incantevoli che io abbia mai
visto in tutti questi anni? I suoi occhi hanno un colore così bello
che mi stupisco del fatto che la regina non l'abbia ancora portata
nei suoi laboratori. Dovete essere proprio grandi amiche se le ha
risparmiato una simile sorte.»
Enna
distolse lo sguardo imbarazzata senza rispondere niente. La paura
cominciò nuovamente a rosicchiarle lo stomaco dal fondo. Ren le
aveva detto scherzosamente di stare attenta a dove posava il suo
sguardo, ma adesso si rendeva conto che non era solo un gioco. Era un
pericolo reale. Era così persa nei suoi pensieri che si accorse di
essere arrivata solamente quando la donna si congedò.
«È
stato un piacere accompagnarla. Sono sicura che sarà in grado di
trovare il suo uomo anche senza il mio aiuto. Buona serata.»
Enna
rispose con un sorriso amaro. Quanto avrebbe voluto che quelle parole
fossero vere.
Davanti
a lei numerose coppie danzavano illuminate da una luna che sembrava
puntare appositamente su di loro i suoi riflettori. I musicisti
suonavano poco lontano dalla pista creando una musica dolce con
l'intreccio dei loro diversi strumenti. La pista era delimitata da
alcune aiuole in cui crescevano fiori dai più disparati e bizzarri
colori. Quello era il ballo in maschera che Enna aveva sempre visto
nei suoi sogni, con la piccola differenza che adesso era realtà.
Decise
che non poteva stare impalata a guardarsi intorno e che doveva
confondersi in mezzo agli altri per dare meno nell'occhio. Si
avvicinò ai tavoli imbanditi di ogni tipo di cibo e quando vide un
vassoio con bicchieri riempiti di vino, ne afferrò uno e cominciò a
sorseggiarlo guardandosi intorno di tanto in tanto. Sperava ancora di
vedere Ren da un momento all'altro.
«Sei
qui da sola?» domandò una donna che le si era affiancata nel
frattempo.
Enna
si voltò e incrociò il suo sguardo. Era una donna sulla cinquantina
e nonostante il suo volto fosse in parte nascosto da una maschera
color bronzo, dagli occhi stanchi che ne emergevano Enna indovinò le
piccole rughe che piegavano la sua pelle.
«No,
in realtà mi sono allontanata e adesso sto cercando il mio uomo»
rispose Enna cercando di apparire il più calma possibile. Mentire
non era mai stato il suo forte.
«Non
posso fare a meno di notare che tutti gli uomini sono già impegnati
con una dama. Vede, sono qui da sola, e li ho studiati a lungo»
replicò la donna rivolgendo il suo sguardo alla pista da ballo.
Enna
non rispose nulla. Era appena arrivata e già qualcuno aveva capito
che stava mentendo e che non era stata veramente invitata?
«In
più ho notato che è scalza. Che fine hanno fatto le sue scarpe?
Sono forse quelle blu che intravedo tra le mani di quegli uomini
laggiù?» domandò indicando il sentiero che, dal cancello che aveva
visto con Ren, conduceva alla pista da ballo. I due soldati che
sorvegliavano l'entrata del giardino si stavano lentamente
avvicinando ed uno dei due aveva in mano le sue scarpe. Quelle che
aveva affidato a Ren. Lo avevano preso. O forse era riuscito a
scappare e si era lasciato cadere le scarpe...
Enna
indietreggiò di un passo spaventata, quando sentì la presa salda
della donna sul suo braccio.
«Credo
che abbiano già notato i tuoi piedi scalzi. Anche se sono uomini,
non sono stupidi. Se vuoi avere una remota possibilità di passarla
liscia, fai quello che ti dico. Sono qui per aiutarti» disse con
tono severo.
Enna
rimase immobile per qualche secondo a studiare lo sguardo di quella
donna.
«Non
c'è tempo di pensare, devi fidarti di me!» sbuffò la donna seccata
lanciando un'occhiata verso i due soldati.
«Comincia
a farti spazio in mezzo a tutte queste persone come se niente fosse e
non appena le avremo superate inizia a correre. Dopo la siepe a
destra troverai una porta di legno, fiondati dentro. Soprattutto, fai
finta di non conoscermi» disse la donna illustrandole rapidamente il
suo piano.
Enna
non aveva altre possibilità e così seguì le indicazioni della
donna. Cominciò a scivolare in mezzo alle persone senza mai voltarsi
indietro, diretta alla sua meta. Il cuore martellava sempre più
forte nel suo petto e la paura la aggrediva più violentemente ad
ogni suo passo. Quando finalmente riuscì a svincolarsi da quella
piccola folla si ritrovò davanti ad un sentiero costeggiato da alti
siepi. Erano quelle di cui parlava la donna poco prima. Inspirò
profondamente e cominciò a correre lungo quel sentiero, attenta a
non inciampare nel suo suo stesso vestito che le era di intralcio. La
donna dalla maschera di bronzo cominciò a correrle dietro, come se
stesse cercando di inseguirla. La musica si fermò di colpo e il
suono di un violino echeggiò per qualche secondo nell'aria. Poi, dal
silenzio, emersero le urla dei due soldati.
«È
lei, è lei! Inseguitela!»
Enna
si voltò per un attimo senza smettere di correre. Calcolò che aveva
un grande vantaggio sui soldati che avevano appena urlato, ma la
paura strinse un nodo più forte attorno al suo petto quando vide che
altri due soldati, più vicini, avevano iniziato a rincorrerla. Prese
a correre più veloce e quando credette di non farcela – più per
il terrore che per la fatica – finalmente alla sua destra vide la
porta di legno. Vi si lanciò contro e la porta si aprì senza alcuna
difficoltà.
E
adesso? Cosa avrebbe fatto?
Si
guardò un attimo attorno e realizzò di trovarsi nelle cucine di
quel grande palazzo. Molte donne si muovevano tra pentole e fornelli,
mentre alcuni uomini afferravano grandi vassoi per rifornire i grandi
tavoli imbanditi del giardino. La porta si aprì nuovamente ed entrò
la donna che la stava aiutando.
«Forza,
entra in quello stanzino! Togliti il vestito, troverai delle divise,
indossane una!» disse mentre cercava di recuperare fiato.
Enna
corse verso la porta che le aveva indicato e vi entrò senza perdere
tempo. Una luce soffusa illuminava cassette di patate, carote e ogni
tipo di verdura accatastate contro le pareti. I suoi occhi vagarono
tra le cassette e gli scaffali colmi di vino fino ad incontrare un
paio di divise appese ad alcuni chiodi affissi alla parete,
dall'altra parte della stanza. Enna le raggiunse di corsa e
velocemente si sfilò il vestito blu e la maschera, lasciandoli
cadere entrambi per terra. Afferrò i pantaloni e la camicia color
sabbia della divisa e li indossò più velocemente che poteva. Poi
afferrò il grembiule e lo strinse attorno al suo corpo con il
peggior nodo che avesse mai fatto in tutta la sua vita.
«Dov'è
andata?» sentì chiedere dall'altra stanza. Era la voce di un uomo:
i soldati erano entrati in cucina.
«Io,
non lo so... l'ho rincorsa fin qui quando ho capito che la stavate
cercando, credo che sia uscita di là» rispose la donna dalla
maschera di bronzo.
Si
sfilò gli anelli e il bracciale che avrebbero tradito il suo
travestimento e infine indossò le scarpe e si lasciò sfuggire un
sospiro di sollievo. Quei soldati non l'avevano vista in faccia e,
vestita così, non l'avrebbero mai riconosciuta.
Il
pomello della porta cominciò a girare lentamente ed Enna ebbe un
tuffo al cuore quando, abbassando gli occhi, vide il vestito blu ai
suoi piedi. Lo afferrò in fretta e furia mentre sentiva lo
scricchiolio della porta che si apriva e si nascose nella penombra.
Un soldato avanzava lentamente all'interno della stanza ma,
fortunatamente, non verso di lei. Cercando di non fare rumore Enna
sollevò il telone accatastato su alcune pile di cassette vuote al
suo fianco e vi infilò il vestito sotto. Poi afferrò due bottiglie
di vino dallo scaffale e, come niente fosse, si diresse verso la
porta.
«Cercavo
proprio del vino» esclamò l'uomo entusiasta.
Enna
si fermò davanti all'uomo porgendogli le bottiglie.
«Più
buono di questo non ce n'è, glielo assicuro» improvvisò abbozzando
un sorriso. Sollevò appena lo sguardo e notò che l'uomo non
sembrava neanche ascoltarla, piuttosto stava fissando qualcosa sulla
sua testa.
Enna
trasalì. La spilla blu. Aveva dimenticato di sciogliere i capelli e
di nascondere la spilla insieme al vestito. L'uomo avanzò di un
passo verso di lei ed Enna sollevò completamente lo sguardo
incrociando quello del soldato. L'uomo si fermò, ammaliato da quegli
occhi.
«Con
permesso» tagliò corto Enna senza aspettare che il soldato
afferrasse le bottiglie. Uscì dalla stanza e cercò di confondersi
in mezzo alle altre donne. Si guardò intorno. Il soldato nello
stanzino era l'ultimo rimasto: gli altri probabilmente avevano
seguito le indicazioni della donna che l'aveva aiutata. Appoggiò le
due bottiglie sul primo ripiano che trovò e, assicurandosi che
nessuno la stesse guardando, tolse la spilla dai capelli. La infilò
nella tasca del grembiule e inspirò profondamente.
C'era
mancato poco, ma l'aveva scampata.
Aveva
vagato per la cucina a lungo prima che la donna tornasse. Aveva
cercato di rendersi utile in un qualche modo per non dare troppo
nell'occhio ed alla fine si era limitata a cercare nel ripostiglio
ciò che serviva in cucina.
«Li
ho convinti che sei riuscita a scappare» disse la donna
avvicinandosi. Il suo tono non era più tanto severo ed anche
dall'espressione del suo viso si poteva vedere quanto fosse più
rilassata.
«Non
so se potrò mai ringraziarla abbastanza.»
«Potresti
iniziare con il dirmi come ti chiami... io sono Ruth» disse
sfilandosi la maschera di bronzo.
«Enna...
sono nuova di qui. A dire la verità sono arrivata proprio questa
mattina, non avevo idea di ciò che stavo facendo» disse spostando
il suo sguardo imbarazzato.
«E
così sei nuova?» domandò Ruth assumendo un'espressione pensierosa.
«Nessuno
è così audace da provare a intrufolarsi nel castello il suo primo
giorno... anzi, nessuno è così audace da provare a intrufolarsi nel
castello e basta. Tranne forse una persona.»
«Ren?»
incalzò Enna speranzosa.
«Sì,
Ren» annuì Ruth.
Le
aveva detto di avere tanti amici all'interno del castello. Ruth era
una di quelli.
«A
dire il vero sono preoccupata per lui... mi ha fatto scavalcare il
muro e poi è sparito. Aveva lui le mie scarpe, quindi forse sono
riusciti a prenderlo» disse sconsolata.
Ruth
la inchiodò con lo sguardo immersa nei suoi pensieri. Dopo qualche
secondo di silenzio una lampadina sembrò accendersi nella sua mente.
«C'è
solo un modo per scoprirlo. Io sono a capo di questa cucina e
purtroppo non posso muovermi liberamente in questo castello... ma
tu... tu potresti. Se questo è il primo giorno che sei qui
sicuramente non avrai un lavoro e io potrei procurartene uno qui al
castello. Se è prigioniero qui, lo scopriresti in poco tempo e se
non lo è... ti ho risparmiato la fatica di cercare un lavoro»
concluse accennando un sorriso.
Enna
lo ricambiò timidamente.
«Se
prima le dovevo un'enorme grazie, adesso non so di che dimensioni
dovrebbe essere per esprimerle tutta la mia gratitudine» disse Enna.
Il
sorriso di Ruth per un attimo sembrò distendersi sul suo viso prima
che serrasse le labbra nell'espressione severa di poco prima.
«Lo
faccio per Ren. È
un mio grande amico e se ti ha portato con lui ad un ballo vuol dire
che hai fatto colpo.»
Enna
sorrise tra sé e sé. Lui aveva bussato alla sua porta perché
pensava lei fosse una persona che valeva la pena conoscere. Forse non
se ne sarebbe andato così in fretta. Forse sarebbe rimasto per lei.
Se solo lo avesse trovato.
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