domenica 13 marzo 2016

Amy Lee: passato, presente e futuro nell’EP RECOVER

Amy Lee, una delle donne più importanti del rock contemporaneo, ai più nota per essere frontwoman degli Evanescence, torna sul mercato digitale con un EP composto di quattro cover: Amy Lee – RECOVER, Vol. 1.

Sono passati ormai cinque lunghi anni dall’ultimo album pubblicato con la sua band, ma tante cose sono successe nel frattempo: Amy ha avuto un figlio e soprattutto ha intrapreso un’azione legale nei confronti della sua (ex) casa discografica che l’ha in fine portata ad essere un’artista del tutto indipendente. Questo le ha dato la possibilità di sperimentare e dedicarsi a progetti alternativi agli Evanescence, tra cui quello di pubblicare, due anni fa, un album da solista: Aftermath. Il disco è in realtà colonna sonora di War Story e contiene al suo interno solamente tre brani cantati. Già queste poche tracce portavano il timbro dell’ispirazione elettronica che ha dato nuova linfa vitale alla musica di Amy Lee. 


Amy Lee - RECOVER, Vol. 1

Il nuovo EP è una sintesi di quello che è stato, quello che è e quello che potrebbe essere. Ogni pezzo respira con un’anima diversa, ma in tutti scorre lo stesso sangue di razza. It’s a fire (Portishead) apre con il pianoforte e la carismatica voce della cantante, un connubio capace di creare un’atmosfera parallela fatta di aria e cose immateriali. With or without you (U2) è un mix di elettronica e riverberi che continua a viaggiare nella stessa dimensione eterea del precedente brano, assumendo però connotazioni quasi psichedeliche. La voce, per l’intera durata della canzone, viaggia nel (meraviglioso) registro basso della cantante. Going to california (Led Zeppelin) è un territorio ancora inesplorato: solo chitarra acustica e voce, una voce che questa volta non ha paura di giocare con le note, di accarezzare gli arpeggi di chitarra con estrema delicatezza e dolcezza. L’ultimo pezzo, Baby did a bad bad thing (Chris Isaak) ha il sapore di Evanescence e di rock. Inizialmente registrato per fare da sottofondo a una scena di un film, è stato scartato all’ultimo momento. Meno male che non è rimasto in un cassetto a prendere polvere, perché è un brano che sembra esserle stato cucito addosso.

Ogni brano è stato immerso nel personale mondo di Amy Lee prima di essere inserito nell’EP e questo mondo suona chiaro alle orecchie di chi ascolta: un mondo complesso fatto di pianoforte ed elettronica, di sussurri e chitarre elettriche. Un’artista con un potenziale espressivo enorme, che ama esplorare e scrivere musica per passione, anche se questo vuol dire farlo lontano dai riflettori e senza il supporto della band con cui ha pubblicato solo album di successo. 

Presto potremo sentire la cantante nella colonna sonora del film Voice from the stone con il brano Speak to me. Una cosa è sicura: nessuno può cercare di immaginare come suonerà, perché Amy Lee è sempre pronta a seguire direzioni inaspettate, ma sempre dannatamente belle.

giovedì 3 marzo 2016

Superarsi quando si è Adele: difficile, ma non impossibile.

Il più grande pregio di 25 è che quando lo si ascolta, anche per la prima volta, non si ha la sensazione di stare ascoltando qualcosa di nuovo, ma qualcosa che già conosciamo, di estremamente familiare, capace di suscitare emozioni come solo le cose a noi care sanno fare. Il filo su cui corre 25 è quello del rimpianto, di sguardi rivolti al passato con nostalgia, di amori infranti, ma anche il tentativo di scrollarsi di dosso i fantasmi del passato e celebrare l'amore del presente.

Adele - 25

Hello: il primo singolo, ormai lo conosciamo tutti. Un ritornello dove la cantante fa sfoggio di tutte le sue qualità canore. E, a mio parere, non è nemmeno il migliore dell'album.

Send My Love (To Your New Lover): una Adele così (pop) non l'avete mai sentita. La canzone che più di tutte esce dalla comfort zone. Suona come un tentativo di mettere un punto alla storia raccontata in 21.“We gotta let go all of our ghosts, we both know we ain't kids no more”. Era stato inizialmente pensato come primo singolo, ma (per fortuna) all'ultimo si è deciso di scegliere Hello. Non dico per fortuna perché sia una brutta canzone, ma semplicemente perché, essendo un episodio isolato, non sarebbe stata rappresentativa dell'album.

I Miss You: l'atmosfera si fa più cupa, scandita dal ritmo della batteria. La voce canta su una melodia ipnotizzante e a tratti sensuale. “In your heart I bring my soul, but be delicate with my ego. I wanna step into your great unknown”.

When We Were Young: questa canzone ha pochi giorni di vita, ma è già un classico. Parla di un amore indelebile che è come una canzone o un film che ci riporta indietro negli anni. Qui la voce di Adele viene fuori in tutta la sua bellezza: tanto nei bassi quanto nell'esplosione finale che mette i brividi. Il pezzo più soul del disco, con cori che a metà fanno il loro prezioso ingresso. “A part of me keeps holding on, just in case it hasn't gone. I guess I still care, do you still care?

Remedy: il brano con cui Adele ha ritrovato la fiducia in se stessa necessaria per scrivere l'intero album. E ascoltandola si capisce il perché: solo voce e piano per un brano che con la sua magia è capace di emozionare come pochi altri. Quando nel primo ritornello il pianoforte smette di suonare per una manciata di secondi, il cuore quasi mi si ferma in gola.“When the world seems so cruel and your heart makes you feel like a fool, I promise you will see that I will be your remedy”. Forse non la più originale delle frasi, ma efficace. Dannatamente efficace.

Water Under The Bridge: ci pensa questa canzone a riportare un po' di ritmo all'interno del disco.
If you're gonna let me down, let me down gently. Don't pretend that you don't want me, our love ain't water under the bridge” questo il ritornello che rimane da subito in testa. Verso il finale con i cori il brano acquista una sfumatura gospel. Sarebbe un ottimo singolo.

River Lea: quando dico che in 25 si vede un Adele che ancora non si era vista, penso a brani come questo. “Sometimes I feel lonely in the arms of your touch, but I know that's just me cause nothing ever is enough”.

Love In The Dark: di nuovo una ballata, ma questa volta la voce è accompagnata da un intreccio di strumenti e da un bellissimo crescendo che sfocia in un assolo di violini verso il finale. Per una volta è Adele a prendere l'iniziativa. “Please don't fall apart, I can't face your breaking heart. I'm trying to be brave, stop asking me to stay”.

Million Years Ago: una formula non molto utilizzata dalla cantante, ma con esito brillante. Solo voce e chitarra. La più nostalgica e malinconica del disco, ci si guarda indietro constatando che il tempo è passato, che non siamo riusciti a diventare chi pensavamo di voler essere, che ci mancano un sacco di cose che non torneranno più. “I know I'm not the only one who regrets the things they've done. Sometimes I just feel it's only me who never became who they thought they'd be. I wish I could live a little more, look up to the sky, not just the floor”. Sarà perché il passato è il tema del brano, ma si ha la sensazione che questo brano venga da un'epoca lontana. Bellissima.

All I Ask: di nuovo piano e voce per una delle tracce più intense dell'album. Anche qui il crescendo è notevole ed è impossibile non lasciarsi trasportare dalla voce di Adele, tra falsetti e vocalizzi struggenti. Ogni volta che il ritornello si ripete, è cantato con più forza. “If this is my last night with you hold me like I'm more than just a friend, give me a memory I can use. It matters how this ends, 'cause what if I never love again?” Anche questa, scommetto, diventerà un classico.

Sweetest Devotion: si apre e si chiude con la voce di suo figlio, Angelo, e probabilmente a lui è dedicata. “There is something in your loving that tears down my walls”. Dopo le tre ballate che lo hanno preceduto, un concentrato di energia per chiudere il disco.

25 è esattamente il disco che tutti i suoi fan stavano aspettando. Dopo il successo inarrestabile del suo predecessore 21, non deludere le aspettative era un compito difficile, ma Adele ci è riuscita grazie ad un disco che riprende il percorso esattamente da dove si era interrotto: facendoci sentire quello che avevamo già sentito e che tanto avevamo amato e aggiungendo un pezzetto in più. Grazie ai testi, alle melodie e alla voce che non ha rivali, 25 è sicuramente uno dei dischi migliori dell'anno.

martedì 1 marzo 2016

Il cuore d’artista di Noemi: coraggioso, ribelle, umano.

Cuore d'artista è uno di quei dischi che non sono semplicemente dischi. È una scatola che si apre, piena di tanti oggetti preziosi, che fanno sorridere, piangere, ricordare: fanno commuovere. Ogni canzone è speciale, racconta una storia, e trova un suo spazio ideale nella scatola. 


Noemi - Cuore d'artista

La borsa di una donna racconta il segreto mondo di una donna (ma non solo) che per troppo tempo è rimasta disconnessa da se stessa e dal suo presente. Una donna che rinasce grazie a "un vento che spazza le nuvole e che si porta via gli inverni, la polvere, i dubbi e i miracoli". L’arrangiamento è impreziosito da archi che guidano l’ascoltatore in un vortice di emozioni pian piano che Noemi rivela gli oggetti che riempiono la borsa di una donna, oggetti di cui a volte è impossibile liberarsi.

Fammi respirare dai tuoi occhi è la consapevolezza che la vita, in due, è un viaggio molto meno complicato che in solitaria: "Anche quando dai miei occhi perdo fiato e sono grigi, riesci sempre a darmi aria, basta solo che mi guardi". Sangiorgi scrive per Noemi una canzone uptempo che profuma di singolo estivo.

Con Amen il disco si addentra in abissi più cupi: le prime note di pianoforte trasmettono quasi inquietudine, ma sono presto interrotte da una più scanzonata chitarra acustica che la fa da padrona per la prima strofa. Con lo stesso senso di inquietudine si chiude il brano: "Siamo figli della stessa terra e siamo in guerra". Una preghiera rivolta a tutti, prima di tutto a se stessi, per cercare di recuperare la nostra umanità.

Devi essere forte riprende dove Amen ha lasciato: “Non avere paura di respirare arie che ti aprono verso mondi più segreti e dentro il nettare di quei mondi il futuro”. Un invito ad agire in prima persona per cambiarsi e migliorare. La penna è quella ispirata di Gerardo Pulli e l’arrangiamento è quello che più di tutti richiama Made In London, con cori, pianoforte e batterie che incalzano.

Idealista! in realtà è un ritratto della vita piuttosto reale e disilluso: “Stai fedele come un cane e intanto a quelli là non gliene frega un cazzo di te”. Diverte e fa venire voglia di muoversi questo pezzo scritto da Fossati che sottolinea l’importanza di fidarsi sempre del proprio istinto, paragonato ad un cane che abbaia per metterci in guardia.

I love you con il suo ritmo trascinato racchiude tutti gli ascolti blues dell’artista romana. È infatti l’unica canzone scritta da lei. “Mi sembra così strano sentirmi dire io ti amo”: dopo tante battaglie è quasi difficile accettare l’amore di qualcuno. Una canzone speciale per le sue sonorità, sonorità che solo una voce come quella di Noemi può permettersi di vestire con tanta credibilità.

Mentre aspetto che ritorni è un quadro tanto è evocativa. Due persone su un treno dove il tempo scorre e dal finestrino si può guardare il passato, fino a quando “la notte che sta per cadere sorprende a dimenticare” e la vita può ricominciare. Questa bellissima canzone d’amore è un singolo che ha tutte le carte in regola per diventare un successo.

Devi soltanto esistere è esplosiva: “Devi soltanto esistere, il resto più non conta, fidati dai, sarò quello che vuoi!”. La canzone più rock del disco che promette, in tour, tanti salti e tanta voglia di cantare a squarciagola.

Veronica guarda il mare è l’ultimo oggetto della scatola, ed uno dei più preziosi. È una domanda che tutti ci siamo fatti: che senso ha la vita se un giorno finirà? Le impronte saranno cancellate dal vento, anche il mare immenso finisce, e l’orizzonte, e l’amore… “Lei non sa bene se nuotare o lasciarsi andare”. La canzone continua ad esplorare questo dubbio, combattere o abbandonarsi?, fino a quando non si arriva all’ultima frase del disco: “Lei non si arrenderà, perché lei adesso…

E quel perché non importa nemmeno poi così tanto: l’importante è non arrendersi. Un disco che restituisce una visione grigia della nostra realtà: una visione che può essere luminosa se si ha qualcuno al proprio fianco e una realtà che, in fondo, può essere cambiata. Gli arrangiamenti curati da Celso Valli riescono a esaltare ogni sfumatura della voce di Noemi impegnata in questo disco a recitare testi importanti. Un album molto suonato che chiede di essere cantato a tutto volume nei teatri e nelle piazze.
Canzoni che non si limitano a rimanere in superficie, nelle orecchie, ma che si preoccupano di scavare in fondo, alla ricerca di quel cuore d’artista che si nasconde dentro ognuno di noi: un cuore coraggioso, ribelle, umano.