Anne
era una persona felice, adesso.
Aveva
dato le sue dimissioni. Con tutti quegli anni di lavoro aveva
accumulato un po' di soldi. Era arrivato il momento di godere dei
frutti di tutti quegli anni impegnativi e stressanti.
Una
voce meccanica risuonò per tutta la stazione avvisando che il suo
treno stava per partire. Se ne sarebbe andata per un po'. Avrebbe
fatto un viaggio per visitare tutti i posti che si era sempre
limitata a sognare davanti alla bella fotografia di un giornale. Era
arrivato il momento di vivere veramente la sua vita.
Si
ritrovò a correre per non perdere il treno. Essere in ritardo non
era da lei. Pensare che adesso non passava nemmeno più tanto tempo a
pettinare i suoi capelli e poi a raccoglierli... adesso aveva meno
pensieri da ricacciare in fondo al suo stomaco.
Mentre
correva il suo sguardo vagava già in alto, alla ricerca del binario
giusto. In quel momento di distrazione urtò qualcosa con la sua
spalla e perse l'equilibrio. Riuscì a rimanere in piedi, ma i due
libri che stringeva in mano le caddero. Si chinò velocemente per
raccoglierli e, tirandosi su, incontrò gli occhi dell'uomo contro
cui aveva preso contro.
«Mi
scusi, ero di fretta e non l'ho vista!» si giustificò Anne
ritrovandosi a fissare quegli occhi verdi. Occhi bellissimi, che le
davano una sensazione di strana serenità. Occhi che le risultavano
familiari e non ne capiva il motivo.
«Binario
9 anche lei?» azzardò l'uomo dando una sbirciata al suo biglietto.
«Già»
rispose lei accennando un sorriso e spostando lo sguardo imbarazzata.
«Anche
io. Mi sa che dovremo rassegnarci al fatto di aver perso il treno...
e il prossimo passa tra cinque ore» rispose indicando con il dito il
loro treno.
Entrambi
lo guardarono con non troppa tristezza scivolare sui suoi binari.
«Dato
che entrambi dobbiamo aspettare e che il destino ha voluto che ci
scontrassimo... direi che è più che lecito presentarsi» disse
l'uomo sfoggiando un sorriso che, su Anne, ebbe lo stesso effetto di
quello sguardo amico.
«Io
sono Anne, è un piacere.»
«Thomas
Ner... di solito mi chiamano solo Ner, sai, per comodità... e il
piacere è tutto mio.»
Le
loro mani, stringendosi, furono percorse da un brivido, ricordando
forse il lontano momento in cui – in un altro mondo – si erano
già toccate.
Fine.
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